Leggendo il titolo di questo articolo verrebbe voglia di dire: Non scherziamo proprio. Eppure la famosa applicazione Uber, che si sostituisce al servizio taxi, fornendo un servizio auto con conducente, stringe una preziosa alleanza.
Uber si allea con Spotify per offrire la musica in streaming nella macchina durante il percorso di autonoleggio. Questo accordo prevede una crescita del fatturato fino al 300% nei due anni a seguire e un’eventuale debutto in borsa. Dopo solamente 5 anni di vita, si stimano guadagni per circa 10 miliardi di dollari entro il 2015, stesso valore che dovrebbe raggiungere Facebook dopo 10 anni di attività.
Ovviamente parliamo di due modelli totalmente diversi, uno legato alla fornitura di servizi, l’altro al mero guadagno pubblicitario ma che generano entrambi cifre astronomiche che attirano, nel caso di Uber, moltissimo interesse.
In Italia è stata accolta con molto scetticismo tra le ire dei tassisti e i divieti del ministro dei trasporti Maurizio Lupi, ma dopo aver spopolato a Roma e Milano, la famosa applicazione Uber è poi sbarcata anche a Genova. La crescita della startup di San Francisco è stata esponenziale e pare destinata a non fermarsi. L’accordo con Spotify ne è la testimonianza che unita alle altre collaborazioni, a partire da Starbucks alla National Football League, per raggiungere la più ampia fetta di pubblico possibile.
Considerando che Uber trattiene il 20% da ogni transazione effettuata con la propria App, possiamo calcolare facilmente come da ricavi di 10 miliardi di dollari si arrivi ai 2 miliardi di utile raccolto in questi anni. Soldi che comunque vengono investiti in marketing per attirare nuovi clienti e in rimborsi vari per multe varie che gli autisti subiscono, sopratutto nel nostro paese dove le norme non sono ancora chiare, e che non possono passare inosservati considerando le stime di crescita fatte fino ad ora.