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WhatsApp è il preferito dagli adolescenti italiani. Ma come lo usano?

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WhatsApp è il preferito dagli adolescenti italiani. Ma come lo usano?

Da una ricerca condotta da Ipsos per Save the Children è possibile scoprire che WhatsApp è il preferito dagli adolescenti italiani, ma anche che il 35% dei minori in chat dà appuntamento a persone conosciute solo online.

Da un lato gli adolescenti on-line e dall’altra quelli “disconnessi”, due facce della stessa medaglia che racconta la generazione dei “nativi digitali”. I primi sono giovanissimi – secondo una ricerca di Ipsos per Save the Children – quasi sempre connessi, anche grazie agli smartphone, usano WhatsApp (59%) e Instagram (36%), conoscono abbastanza bene le regole che governano la privacy nella Rete (51%), ma non se ne preoccupano più di tanto (57%). Vivono relazioni “virtuali” nei gruppi di conversazione sulle applicazioni di messaggistica dei loro smartphone, spesso anche con persone che non conoscono direttamente (41%): uno su quattro (24%) invia messaggi, video o foto con riferimenti sessuali a gruppi dove non conosce tutti i partecipanti e uno su tre (33%) si dà appuntamento con qualcuno conosciuto solo attraverso questi gruppi.

I Disconnessi

E poi ci sono quelli che dalla Rete sono fuori, i “disconnessi”: un’elaborazione dei dati ISTAT specifici per i minori ci dice che sono 452.000 gli adolescenti che non hanno mai usato Internet, l’11,5% dei ragazzi che vivono in Italia tra gli 11 e i 17 anni, con una percentuale più elevata nel Sud e nelle Isole (17,4%, 270.000). La presenza di adolescenti disconnessi è maggiore nelle famiglie che dichiarano di vivere in condizioni economiche “assolutamente insufficienti” (22,7%) o con “risorse scarse” (14,2%), mentre è estremamente ridotta in quelle che dichiarano di vivere in condizioni economiche “ottime o adeguate” (6,5%). Disconnessi da Internet, ma anche da altre opportunità educative e culturali, che li allontanano ancora di più dai loro coetanei: tra coloro che non hanno mai usato Internet sono 269.000 i ragazzi che non hanno letto nemmeno un libro nell’ultimo anno e 187.000 di loro non sono neppure mai andati al cinema nello stesso periodo.

Questa la fotografia di Save the Children, l’Organizzazione che dal 1919 lotta per salvare la vita dei bambini e difendere i loro diritti e che, come ogni anno, monitora il rapporto tra minori e nuove tecnologie.

“I nuovi media rappresentano una grande opportunità per i nostri ragazzi, per la loro crescita personale e formativa. L’accesso a queste tecnologie è un diritto che dovrebbe essere garantito a tutti i ragazzi, così come un’adeguata formazione nell’utilizzo di questi strumenti e la sicurezza di potersi muovere in un ambiente digitale che non nasconda rischi o pericoli”, afferma Valerio Neri, Direttore Generale di Save the Children Italia. “Il rischio è quello di trovarci di fronte a dei “nuovi analfabeti”, che non hanno la possibilità di utilizzare le nuove tecnologie o che non hanno le necessarie competenze per farlo. È fondamentale garantire ai nostri adolescenti il diritto all’accesso, alla formazione e alla sicurezza di queste tecnologie e le istituzioni e la scuola in primis, le famiglie e le aziende ICT devono essere più consapevoli di questa responsabilità ”.

L’identikit dei “connessi”: giovanissimi e “on-line”

Sono giovanissimi, camminano per la strada, mangiano e dormono, sempre accanto al loro smartphone, che resta acceso anche a scuola: per il 15% degli intervistati, infatti, i professori lo consentono mentre per il 26% non ci sono controlli e i ragazzi ne approfittano. Hanno a disposizione uno strumento con grandi risorse, ma anche potenzialmente pericoloso se non usato in maniera corretta e il 58% dei teenager racconta di aver imparato ad utilizzarlo da solo. Questo il primo dato che emerge dalla ricerca IPSOS per Save the Children dal titolo “I nativi digitali conoscono davvero il loro ambiente?”, compiuta su un campione di ragazze e ragazzi tra i 12 e i 17 anni.

Grazie a smartphone e tablet, che sono sempre più diffusi a scapito di tecnologie come i lettori mp3 e le webcam, ormai integrate nei dispositivi di nuova generazione, i nostri adolescenti sono connessi da qualsiasi luogo e in qualsiasi momento della giornata. Le “relazioni sociali” sono protagoniste delle loro interazioni: sempre di più i ragazzi che utilizzano Whatsapp (59% nel 2015, con un aumento di 39 punti percentuali dal 2013), cresce l’utilizzo di Instagram (36% nel 2015, con un aumento di 27 punti dal 2013) e diminuisce la loro presenza su Facebook (75% nel 2015, 12 punti in meno dal 2013), mentre meno di 1 su 3 utilizza Twitter (29%). Significativo anche l’uso delle App dedicate alla musica come Spotify (11%), con una percentuale di utenti quasi raddoppiata nell’ultimo anno.

Adolescenti connessi e senza paura: come si relazionano sulla Rete i nativi digitali

Grazie alle nuove tecnologie in mobilità, le relazioni virtuali sulla Rete sono ancora più accessibili: se da un lato diminuiscono i ragazzi che affermano che sono ancora diffuse l’invio e la ricezione di messaggi con riferimenti al corpo o all’affettività sui social network (-4% e -7% dal 2013), dall’altro aumenta il numero di quelli che si danno appuntamento di persona con qualcuno conosciuto solo su Internet (35% nel 2015, + 7 punti percentuali dal 2013) e quelli che gli danno il proprio numero di cellulare (39% nel 2015, + 6 punti percentuali dal 2013).

Preoccupante è il tipo di esperienze che questi ragazzi vivono sulla Rete: il 46% degli intervistati afferma che lui/lei o un amico/a ha scoperto che la persona incontrata in Rete non era di fatto quella che diceva di essere, esperienza vissuta direttamente per il 15% del campione. Il 35% degli intervistati afferma la ricorrenza di atti di cyberbullismo, nei confronti degli amici o di se stessi (9%).

Se da un lato questi ragazzi possono vivere situazioni di disagio utilizzando la Rete, una parte di loro sembra non percepire il relativo pericolo o non esserne totalmente consapevole. Ad esempio, solo per il 38% dei ragazzi le molestie via cellulare/email/internet rappresentano una minaccia. In più, la percentuale di chi sa che cos’è il pulsante “segnala abuso” su un social non supera il 59% e scende al 53% tra i 12 e i 13 anni.

Su Facebook, WhatsApp e altre App di messaggistica istantanea i comportamenti più “a rischio”

Anche se dalla ricerca emerge che una contrazione dell’utilizzo di Facebook tra gli adolescenti, sono ancora molti a usarlo. Tra quelli che affermano di avere un account sul più popolare dei social network, il 39% degli intervistati dichiara di essersi iscritto a 12 anni, il 32% ha dichiarato di averne 18 al momento dell’iscrizione con il rischio quindi di ricevere anche contenuti non adeguati alla loro età. Più di uno su tre (36%) , inoltre, non ha scelto un livello di privacy “ristretto” sul proprio profilo.

Le sorprese arrivano dall’utilizzo di applicazioni di messaggistica istantanea come WhatsApp, veri e propri social network, che non sempre vengono percepiti come tali dai ragazzi. Colpisce in particolare l’utilizzo dei gruppi di conversazione che possono essere creati grazie a questo tipo di App: il 28% degli intervistati partecipa ad oltre 10 gruppi e il 41% afferma di non conoscere personalmente tutte le persone che sono nei gruppi a cui partecipa. Quasi un adolescente su cinque non si pone alcun problema su che tipo di informazione o dati invia a questi gruppi, come ad esempio foto e video che li ritraggono personalmente o che ritraggono altre persone che conoscono, o messaggi vocali. Il 66% dei ragazzi non sa che su WhatsApp, ad esempio, non esiste la possibilità di bloccare qualcuno che gli dà fastidio all’interno di un gruppo.

Secondo il 33% degli intervistati sarebbe un fenomeno abbastanza comune tra i loro amici quello di darsi appuntamento di persona con qualcuno conosciuto solo in un gruppo WhatsApp o di App simili. Uno su tre sarebbe solito inviare dati personali, come il proprio nome, la scuola frequentata o l’indirizzo di casa ad un gruppo virtuale, frequentato anche da persone che non conosce. Infine, quasi uno su quattro – secondo quanto riportato dagli intervistati – invierebbe a questi gruppi messaggi con video e foto con riferimenti sessuali.

Per maggiori dettagli, la ricerca IPSOS integrale è scaricabile da qui.

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