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I server Microsoft potrebbero presto finire sottacqua

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I server Microsoft potrebbero presto finire sottacqua

Il futuro dei server Microsoft potrebbe presto esser sott’acqua. Un’affermazione che ha quantomeno del pittoresco, ma che invero rispecchia appieno le strategie e gli sforzi dell’azienda di Redmond, alle prese con un prototipo di un centro dati indipendente in grado di operare a centinaia di piedi sotto il livello del mare. L’obiettivo di fondo perseguito da Microsoft è quello di bloccare all’origine il non trascurabile calore generato dai server, così da ridurre al minimo ogni possibile loro impantanamento, certamente pregiudizievole per l’oramai affollata vita di Internet, imperniata di dati, mail, video in streaming e social network. Quale miglior idea dunque se non quella di posizionare i server Microsoft nelle fredde acque dell’oceano, magari di concerto ad una turbina od a qualche congegno capace di produrre e ad alimentare al tempo stesso il fabbisogno di energia.

La strategia di Microsoft prende il nome in codice di “Natick”, probabilmente curiosa a primo acchitto sebbene non l’unica in questa sfida del cloud: Facebook, ad esempio, ha costruito un datacenter a Lulea, in Svezia, mentre Google impiega l’acqua fredda del golfo di Finlandia per raffreddare il proprio server, collocato ad Hamina. Nel caso di Microsoft, tuttavia, l’intento sembra esser ancor più complicato ed affascinante, vista la collocazione dei propri datacenter dentro l’acqua. Per far questo, il colosso di Redmond ha addirittura rispolverato un personaggio tipico di Halo: Leona Philpot, che nel caso specifico rappresenta una capsula sigillata contenente alcuni server, installata ad un kilometro dalla costa sull’Oceano Pacifico; i lavori hanno assunto un ritmo sostenuto nel 2014, concludendosi alla fine dell’anno di riferimento.

Microsoft tiene a precisare che la sua struttura (che dovrebbe restare in vita per un arco temporale di 20 anni, per poi esser riciclata) non porterà complicazioni nell’ambiente, allorché ha zero emissioni, non produce scorie e non surriscalda le acque. Project Natick è ancora nella fase di test, indi per cui bisognerà attender nuovi riscontri prima di capire la fattibilità di un suo impiego: collocare ad ogni modo i server Microsoft sott’acqua permetterebbe, secondo il pensiero di Redmond, di ridurre la latenza e di servire in modo efficace tutte le persone che vivono entro 200 kilometri dagli oceani, una fetta cospicua della popolazione mondiale a detta di Microsoft.

Con Natick, l’azienda vorrebbe altresì dimezzare il tempo di costruzione di nuovi datacenter, condensando l’ingente periodo di due anni in soli 90 giorni. Una idea radicale, quella snocciolata da Microsoft, che potrebbe però trovare ostacolo da parte degli attenti all’ambiente, malgrado le rassicurazioni di sorta. Ma la vera sfida è programmata per l’anno prossimo, allorquando in “quel” di Redmond si brinderá ad un nuovo epilogo del suo “sfruculiante” progetto, che gli ingegneri Microsoft hanno annunciato, dalle pagine del New York Times, esser tre volte più grande del primo datacenter sottomarino.

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