Solo un anno fa sognava di viaggiare nello spazio sub-orbitale grazie al programma aerospaziale di Richard Branson, che aveva riservato un posto speciale per lui nello SpaceShip Two non appena la navetta fosse ufficialmente “salpata”; ma anche se non ha fatto in tempo a realizzare il suo ultimo desiderio, Stephen Hawking non può che lasciarci in eredità il suo ottimismo e il suo amore per la vita ricordandoci che, per quanto difficile essa possa essere, “c’è sempre qualcosa che è possibile fare, e in cui si può riuscire“.
Si spegne oggi, nelle prime ore del mattino, all’età di 76 anni (Oxford, 8 gennaio 1942 – Cambridge, 14 marzo 2018), il celebre fisico e matematico britannico Stephen Hawking, da decenni affetto da una particolare forma di SLA responsabile delle estremamente ridotte funzioni motorie e della conseguente necessità di espletare il suo ‘viaggio’ nel mondo a bordo di una sedia a rotelle. Nel corso della sua vita l’uomo ha dovuto inoltre servirsi, per dar voce ai propri pensieri, di diversi metodi di conversione vocale dei sottili movimenti corporei di cui era capace: un sintetizzatore elettronico prima, un sistema di riconoscimento facciale poi.
Hawking fu messo al corrente della patologia poco più che ventenne, quando già aveva conseguito la sua laurea con lode al corso di Scienze Naturali di Oxford, forte di un’innata propensione per la matematica, sviluppata naturalmente sin dalle prime esperienze scolastiche; una passione che lo avrebbe condotto a perseverare negli studi con singolare audacia, data l’infausta sentenza dei medici che ai tempi gli pronosticarono appena due anni di vita. Il decorso della malattia scongiurò però ogni previsione, tanto che in effetti resta ancora poco chiara la vera natura del morbo che lo colpì: se alcuni ritengono che si sia trattato di una forma atipica e meno aggressiva di SLA, altri pensano che egli fosse invece afflitto da una più specifica “atrofia muscolare progressiva” – PMA – che, benché appartenente allo stesso gruppo di malattie neurologiche della SLA, presenta in realtà differenze sostanziali che ne circoscrivono ampiamente gli effetti degenerativi. Ricordiamo, infatti, che lo scienziato ha conservato per quasi trent’anni dopo l’insorgere del disturbo alcuni movimenti fisici (facciali e delle dita) che nei malati di SLA convenzionali si estinguono in tempi decisamente più brevi, e che solo nel 1985 (quindi a 43 anni), dopo essere stato sottoposto a una tracheotomia a causa di una grave polmonite, si è visto precludere l’uso della parola e costretto a ricorrere al noto sintetizzatore vocale per comunicare con l’esterno.
Nella sua tesi di laurea discusse l’origine dell’universo, argomento che in seguito contraddistinse la principale area di studi durante la sua onorata carriera, ovvero la teoria cosmologica e la gravità quantistica. A questo proposito ricordiamo l’importanza delle teorie da lui elaborate sulla termodinamica dei buchi neri, che hanno indubbiamente contribuito ai notevoli progressi compiuti dalla scienza nella disamina della loro composizione ed evoluzione (teorie che “hanno sbloccato un universo di possibilità che noi e il mondo stiamo esplorando“, dichiarano oggi alla NASA), benché l’assenza di prove sperimentali gli abbia impedito di ricevere il premio Nobel per la fisica. Con un dottorato in matematica applicata e in fisica teorica, Stephen Hawking è stato per circa trent’anni titolare della cattedra di matematica dell’Università di Cambridge, poi lasciata nel 2009 in favore del direttorato, nello stesso istituto, del Dipartimento di Matematica Applicata e Fisica Teorica, dove è rimasto fino alla fine dei suoi giorni.
Ma il traguardo più grande lo si registra forse proprio nella sua capacità di interfacciarsi con coloro estranei alla materia trattata; nell’aver spiegato cioè, per amore della scienza, argomenti di nicchia con parole che rendessero quei temi comprensibili anche ai lettori meno esperti. La sua opera di divulgazione è principalmente nota, oltre che in virtù di romanzi rivolti ai ragazzi, grazie al suo saggio più celebre “Dal big bang ai buchi neri. Breve storia del tempo“, con il quale egli ha inteso semplificare al grande pubblico la moderna teoria cosmologica attraverso una dettagliata descrizione volta a ripercorrere le nozioni di base della fisica.
Probabilmente sono proprio questa sua apertura e questo desiderio di estendere la conoscenza a coloro al di fuori della comunità scientifica ad avvicinare Stephen Hawking, al di là dei numerosi riconoscimenti formali che gli sono stati tributati (membro della Pontificia Accademia delle Scienze ha anche ricevuto dall’allora presidente degli Stati Uniti d’America Barack Obama la Medaglia presidenziale della libertà, nota come la più alta onorificenza del Paese), alla dimensione popolare, inducendolo a realizzare documentari a tema o persino a prendere parte a eventi del mondo della televisione e della musica: addirittura collaborerà a due brani dei Pink Floyd ai quali presterà la sua voce speciale.
E accanto a una serie di show TV di successo prodotti negli ultimi decenni e noti per avere riservato agli spettatori, facendo leva sulla eccezionale disponibilità e l’originale senso dell’umorismo che caratterizzavano lo studioso, svariati cameo con le sue simpatiche apparizioni (The Simpsons, I Griffin, Futurama, The Big Bang Theory e infine Star Trek: The Next Generation, per citarne alcuni) non mancano certo diversi film a lui ispirati quali Hawking, Superhero Movie, The Theory of Everything e altri ancora. Fatti che decretano immancabilmente il suo ingresso nell’immaginario collettivo e il motivo di tanto affetto da parte di una così eterogenea platea di sostenitori. Non a caso, insieme a scienziati intervenuti da più parti del mondo, anche numerosi personaggi dello spettacolo legati proprio ad alcuni dei serial sopracitati non hanno mancato di commemorare il cosmologo nella giornata di oggi, molti dei quali avvalendosi degli strumenti social, ricordando la grandezza della sua mente e forse ancor più del suo spirito: quella sua gioia di vivere, insomma, anche a fronte di una condizione così estrema.
Ma soprattutto il suo valore come divulgatore scientifico e dunque inestimabile fonte di ispirazione.