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Il browser Brave non piace alle testate giornalistiche

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Il browser Brave non piace alle testate giornalistiche

Le pubblicità nei siti internet sono un argomento molto controverso ma di sicuro sono molti gli aspetti che andrebbero rivisti per migliorare l’esperienza degli utenti. In molti si sono attivati per trovare modi di migliorare quest’esperienza incluso Brave, ma pare che non tutti approvino le scelte fatte dal team.

Il browser Brave paga il 15% dei profitti all’utente finale, un altro 15% va ai partner pubblicitari, il 15% va agli sviluppatori del browser e il 55% ai publisher. Un gruppo di testate giornalistiche si sono unite per esprimere il loro dissenso nei confronti del modello adottato dalla compagnia, definendolo un furto. Tra i giornali interessati troviamo il New York Times e il Washington Post insieme a molti altri.

Brave

Il vostro piano di utilizzare i nostri contenuti per vendere le vostre pubblicità è in tutto e del tutto simile a rubare i nostri contenuti per pubblicarli su un vostro sito. Le vostre dichiarazioni pubbliche dimostrano chiaramente che avete intenzione di sfruttare il contenuto di tutti i publisher sul web per vendere le vostre pubblicità.

Siamo pronti a far valere tutti i diritti legali per proteggere i nostri i nostri marchi e contenuti protetti da copyright e per impedirvi di ingannare i consumatori ed appropriarvi del nostro lavoro per la vostra attività. La ripubblicazione dei nostri contenuti protetti da copyright per supportare il modello pubblicitario illegale di Brave viola i diritti protetti dei publisher nel Copyright Act ed altre leggi.

Ad ogni modo, i ragazzi di Brave non sono pronti ad arrendersi ed hanno infatti pubblicato un post sul loro blog per difendere la propria posizione, focalizzandosi sul fatto che il loro modello di business non è vantaggioso solo per gli utenti ma anche per i publisher, visto che ottengono una percentuale di guadagni molto più grande.

Continuano poi parlando del sistema di blocco delle pubblicità del browser, sostenendo che non limita le pubblicità del sito ma solo quelle di terze parti. Ma ancora più importante, sono inflessibili nel cercare di sistemare il modo in cui vediamo le pubblicità. Le pubblicità possono essere intrusive, fastidiose ed anche pericolose, secondo Brave.

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Insomma, gli animi si sono scaldati e non sorprenderebbe se i publisher decidessero di passare alle vie legali per far valere i propri diritti. Non possiamo far altro che sperare si giunga ad un accordo per il bene di Brave e degli utenti che lo utilizzano.

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