Clash of Clans, uno dei giochi mobile più popolari degli ultimi tempi, è stato recentemente vietato in Iran. La decisione del Governo Iraniano non ci coglie di sorpresa, visto che non è certo la prima volta che vengono vietati determinati servizi ai cittadini iraniani. I media Iraniani hanno riferito che a suggerire al Governo di bannare il famoso gioco è stata la Commissione incaricata a determinare quali sono i contenuti che vanno considerati “pericolosi” e “criminali”.
Secondo la Commissione, il gioco Clash of Clans prodotto dalla software-house Supercell in qualche modo “promuove la violenza e la guerra tribale”. Questo giudizio è venuto fuori da uno studio condotto da alcuni psicologi che spiegano i pericoli derivanti dal giocare a giochi di questo tipo. Il gioco, inoltre, è “estremamente coinvolgente” e quindi può provocare dipendenza. Per queste ragioni il Ministero della Giustizia iraniano ha deciso di limitare l’accesso a Clash of Clans.
La decisione intrapresa dall’Iran potrebbe sembrare una limitazione della liberta degli utenti, e in effetti lo è. Tuttavia bisogna riconoscere che chi gioca a videogames violenti è portato a compiere azioni più o meno violente. Questo solleva un quesito molto importante: gli sviluppatori e le software-house che creano simili giochi e applicazioni (alcune ben più sadiche di Clash of Clans) dovrebbero osservare determinate regole per evitare che i propri giochi incitino all’odio e alla violenza? Questa è una domanda che sicuramente dovrebbe farci riflettere, soprattutto alla luce di alcuni recenti fatti di cronaca.