I giganti tech Facebook, Google e Twitter sono stati coinvolti al centro di una polemica sulla supervisione e la moderazione da applicare sulle loro piattaforme pubblicitarie.
La tecnologia pubblicitaria di Google, il principale contributore della società madre Alphabet, con circa 100 miliardi di dollari di fatturato annuo, permette agli inserzionisti di indirizzare gli utenti della ricerca in base a quali frasi digitare: un recente report di BuzzFeed News ha scoperto che la piattaforma pubblicitaria di Google ha permesso agli inserzionisti di vendere annunci pubblicitari accanto a domande antisemite e razziste, tra cui “parassita ebraico”,“malvagio ebreo” e “le persone nere rovinano tutto”.
L’algoritmo di BigG suggeriva inoltre far girare annunci accanto ad altre frasi simili. A scopo dimostrativo, lo staff di Buzzfeed ha anche acquistato annunci e ha eseguito una breve campagna live prima di avvisare il team di assistenza di Google, che ha prontamente rimosso il tutto. Stesso discorso per l’algoritmo utilizzato da Facebook: la redazione di ProPublica ha scoperto che il social consentiva annunci contenenti frasi razziste e antisemite.
A poche ore da questa recente rivelazione di Google, la redazione The Daily Beast ha invece scoperto che anche Twitter permette agli inserzionisti di rivolgersi agli utenti interessati a parole e frasi d’incitamento all’odio: mentre i report su Facebook e Google hanno fatto emergere che solo poche migliaia di persone negli Stati Uniti hanno preso visione di questi annunci, il danno sulla piattaforma di Twitter sembra più di vasta portata.
Tutti e tre i colossi tecnologici hanno annunciato di essere al lavoro per risolvere la situazione ed adottare le adeguate contromisure: “Per contribuire a garantire che il targeting non sia utilizzato per scopi discriminatori, stiamo rimuovendo questi campi di targeting auto-riferito fino a quando non avremo messo in atto i processi giusti per prevenire questo problema”, ha scritto Facebook in un post sul blog ufficiale.
“Il nostro obiettivo è impedire che il nostro strumento di suggerimenti per le parole chiave faccia suggerimenti razzisti, contribuendo a fermare l’apparizione di annunci pubblicitari offensivi. Abbiamo un sistema che informa gli inserzionisti quando i loro annunci sono offensivi e li respinge. In questo caso, gli annunci pubblicitari non si sono scontrati con la stragrande maggioranza di queste parole chiave, ma […] abbiamo già disattivato questi suggerimenti, e tutti gli annunci pubblicitari che l’hanno fatto passare, e lavoreremo più duramente per impedire che questo accada di nuovo”, ha dichiarato a The Verge il vicepresidente senior di Google per gli annunci e il commercio, Sridhar Ramaswamy.
In una dichiarazione rilasciata a The Verge, un portavoce di Twitter ha affermato che “I termini citati in questa storia sono stati inseriti nella lista nera per diversi anni e stiamo studiando il motivo per cui la campagna citata nel report è stata in grado di rimanere online per un periodo di tempo molto breve. Twitter proibisce attivamente e impedisce che gli annunci offensivi appaiano sulla nostra piattaforma, ci impegniamo a capire perché si è verificato questo disguido e come contrastarlo”.