Il mondo dei social è pieno di giovani che parlano di tutto, anche droga, sesso e suicidio; grazie all’app Bark è possibile monitorare tutto quello che un profilo scrive su diversi canali social e individuare se usa espressioni linguistiche che fanno riferimento a droga, sesso o suicidio.
Il funzionamento dell’app Bark è molto semplice: quando scriviamo sui social molto spesso utilizziamo degli acronimi, delle locuzioni o abbreviazioni, che di per sé non dicono nulla ma che in realtà nascondo un significato molto chiaro compreso da tanti. È, ad esempio, il caso della parola LOL (grande risata dall’inglese Lough Out Loud) che viene utilizzata spesso sui social. Molte altre, invece, nascondo significati più rischiosi (almeno quelli che preoccuperebbero un genitore) e sono quelle che individua Bark scansionando oltre 20 diverse piattaforme social, sia da smartphone Android che iOS. Questo l’elenco di alcune delle parole sospette:
- 53X = modo sneaky per digitare “sesso”
- KMS = uccidimi
- LH6 = facciamo sesso
- KYS = uccidere se stessi
- CD9 = codice 9, i genitori in giro
- GNOC = ottenere nudo sulla fotocamera.
- 99 = i genitori sono andati
- WTTP = vuoi scambiare foto?
- LMIRL = incontriamoci nella vita reale
- IWSN = voglio fare sesso adesso
- CU46 = ti vediamo per il sesso
- FWB = amici di sesso
- ADR = qual è il tuo indirizzo
- PAL = i genitori stanno ascoltando
- TWD = SMS durante la guida
L’app Bark controlla oltre dieci milioni di messaggi e individua quelli in cui sono presenti queste e altre parole. Ovviamente l’utilizzo di queste non necessariamente indica che chi scrive sia interessato, perché bisogna sempre valutare il contesto in cui determinati messaggi vengono diffusi. È possibile iscriversi sul sito ufficiale per un periodo di prova gratuito per poi sottoscrivere un abbonamento di 9$ al mese.
La vicenda del gioco Blue Whale ha riaperto un fronte sempre piuttosto articolato e complicato che vede da una parte la volontà dei genitori di tutelare i propri figli e quella che passa dalla violazione della loro privacy e il reale senso di responsabilità di genitori che spesso ignorano totalmente cosa facciano (e chi siano) i propri figli, salvo poi scandalizzarsi a fronte di episodi di cronaca nera.