I fitness tracker non sono poi così affidabili. Una considerazione che tuona mestamente in rete, in ossequio ad una class action avviata negli Stati Uniti d’America a danno di Fitbit, leader indiscusso di una categoria sempre più in auge oltre che fruttuosa in termini di ricavi economici. I dubbi circa la veridicità dei risultati evidenziati dai braccialetti tecnologici vanno d’altronde di pari passo con la loro diffusione di mercato: in USA, ad esempio, sembrano esser in molti a far uso e consumo di braccialetti contapassi, contacalorie e contabattiti, specie per i risvolti da un punto di vista squisitamente sportivo o legato all’esercizio fisico.
A finire sotto accusa è però Fitbit e, in particolare, la tecnologia denominata <<PurePulse>>, che permette di misurare e tener d’occhio le pulsazioni: si contesta nello specifico l’inattendibilità dei risultati e, conseguentemente, le false affermazioni con sfondo medico volte ad ingannare i consumatori. Nel recente periodo si è assistito ad un infoltirsi di ricerche aventi ad oggetto i fitness tracker, e l’ultima in ordine cronologico condotta da California State Polytechnic University potrebbe aver sferrato un colpo pressoché decisivo alla credibilità del settore. L’analisi ha riguardato 43 sportivi, chiamati ad indossare durante gli allenamenti uno dei tanti braccialetti griffati Fitbit al fine di toccare con mano la veridicità delle loro misurazioni: i risultati confermerebbero le perplessità di fondo, basti por mente pensare agli scostamenti fino a 20 battiti al minuto se rapportati a strumenti più costosi e professionali.
A detta di coloro i quali hanno effettuato l’analisi in questione, i fitness tracker sembrano esser tutto sommato affidabili in presenza di sforzi lievi od a riposo, mostrando tuttavia tutte le proprie lacune di fronte a sessioni d’allenamento a ritmo più sostenuto, là dove i risultati sarebbero invece pressoché divergenti. La risposta di Fitbit alle accuse non è tardata ad arrivare: l’azienda intende mettere a tacere qualsivoglia accusa, sostenendo la falsità di quest’ultime: <<confondono i consumatori o false affermazioni di evidenze scientifiche>> si legge in una nota ufficiale. La class action piovuta nei riguardi dei fitness tracking non è comunque una pubblicità degna di rilievo per un business che, secondo stime degli analisti, potrebbe produrre entro il 2018 circa 7 miliardi di dollari.