Google come altre società operanti nel ramo industriale, o di altri settori, tendono giustamente a mantenere segreti i propri progetti, ma sembra che questa volta Big G abbia esagerato nei termini e nei metodi utilizzati allo scopo.
Un ex product manager ha citato in giudizio Google per l’utilizzo improprio delle politiche di riservatezza interne, sostenendo che la società vìola le leggi sul lavoro della California. Tra le altre cose, sembrerebbe che Google gestisca un “programma di spionaggio” interno che si basa sulle segnalazioni volontarie dei dipendenti verso i loro colleghi rei di aver fatto trapelare informazioni. Secondo le policy di sicurezza, potate alla luce dalla denuncia, ai dipendenti è vietato discutere delle condizioni di lavoro, dei salari o anche di semplici questioni lavorative tra colleghi. Inoltre, sono vietati i contatti con la stampa e non è possibile nemmeno pubblicare online opinioni sul datore di lavoro, anche in caso di pubblicazioni strettamente confidenziali.
Da quanto appreso dalla vicenda, sembrerebbe che Google abbia istituito una speciale divisione chiamata StopLeaks che si occuperebbe di indagare su tutte le fughe di notizie. Chiunque dei dipendenti si accorga di una violazione dovrebbe riportarle attraverso un’estensione del Browser Chrome, espressamente creata per lo scopo.
Se così fosse Google starebbe seriamente violando le leggi californiane sul lavoro e se tutte le accuse dovessero essere veritiere, la compagnia californiana rischierebbe, nella peggiore delle ipotesi, un risarcimento che potrebbe arrivare fino a circa 15.000 per ogni dipendente (circa 65.000).