Il complicato tentativo durato quattro anni di Google di eludere le sanzioni in materia di concorrenza in Europa è “collassato” ieri dopo la decisione di Bruxelles con cui è stato rigettato l’accordo antitrust elaborato dal gigante di Mountain View, il terzo tentativo di soluzione dell’annosa disputa, per l’esattezza. La decisione è stata presa da Joaquín Almunia, commissario alla concorrenza dell’Unione Europea, ed ha determinato il rigetto della terza versione della bozza dell’accordo antitrust di Google, denotando un cambiamento di direzione che segna la fine della dibattutissima inchiesta quadriennale. Il fallimento del piano dettagliatamente congegnato infligge un duro colpo alla credibilità della commissione in merito al caso antitrust più importante che abbia trattato da quando ebbe a che fare con Microsoft negli anni ’90. “In termini di fiducia nelle istituzioni, ciò è incredibilmente dannoso per il commissario alla concorrenza dell’UE”, ha affermato David Balto, un avvocato antitrust di Washington. “La capacità di ottenere risultati efficaci risiede essenzialmente nella facoltà di negoziare una sentenza consensuale”. Egli ha anche parlato di scetticismo da parte delle aziende statunitensi che potrebbero essere implicate nei dibattimenti futuri, nei confronti di sentenze emesse da autorità europee.
In un’intervista a Bloomberg TV, il commissario Almunia ha dichiarato di stare “tentando di ricavare” condizioni più adeguate per “migliorare una proposta in cui Google prometteva di fornire ai concorrenti una maggiore visibilità all’interno dei propri risultati di ricerca su argomenti quali spese, voli aerei o ristoranti. “Alcuni ricorrenti hanno introdotto nuovi argomenti, nuovi dati, nuove considerazioni“, ha affermato Almunia. “Adesso abbiamo bisogno di analizzare la cosa e vedere se è possibile trovare soluzioni, se Google può trovare soluzioni, ad alcuni di questi problemi che riteniamo giustificati“. Google, dal canto suo, ha dichiarato di essere intenzionata a continuare a collaborare con l’Unione Europea per risolvere i problemi insorti.
Gli ultimi sviluppi vedono il Commissario Almunia sostenere l’idea che un accordo sarebbe il modo più rapido per risolvere i problemi di concorrenza in un mondo tecnologico in rapida evoluzione, nonostante i rivali di Google lo accusino di piegarsi ai voleri del motore di ricerca più famoso del mondo. Quando Almunia non aveva ancora a che fare con i problemi sopraggiunti, Google aveva affermato privatamente – nel mese di febbraio – di non essere intenzionata a riaprire una proposta sviluppata grazie a due anni di discussione con la commissione. E all’inizio di quest’anno Almunia aveva descritto le condizioni come “accettabili”.
Ora però le “carte in tavola” sembrano decisamente cambiate e, se i discorsi sull’accordo crollano, Google si troverà di fronte alla possibilità di formali sanzioni in materia di antitrust per aver, in base a quanto riportato, manipolato i risultati delle ricerche su web allo scopo di dirottare il traffico verso i propri servizi. La Commissione ha il potere di imporre a Google l’interruzione di certe pratiche e può nondimeno imporre multe fino al 10% del suo fatturato globale. Tuttavia ci vorrebbero molti più anni per arrivare a una simile decisione. Fino ad oggi nessun caso in materia di antitrust dell’UE è stato esteso a quattro proposte di accordo, o è stato mai riesumato dopo che i ricorrenti erano stati formalmente avvisati che il loro caso stava per essere rigettato.
In una lettera al Financial Times della scorsa settimana, Eric Schmidt, il presidente esecutivo della compagnia, ha criticato i giornali europei ed ha rifiutato le accuse che vedono Google favorire i propri prodotti a discapito dei concorrenti. “Le accuse degli editori sono state largamente investigate dai regolatori della giustizia europei e statunitensi in oltre sette anni” egli ha scritto. “Fino ad oggi, nessun regolatore ha mai disapprovato il fatto che Google desse alla gente risposte dirette alle loro domande per il semplice fatto che era meglio per gli utenti”.
Gli ultimi disperati tentativi di un accordo con Almunia sono ulteriormente complicati dall’imminente scadenza del suo mandato di commissario, che potrebbe avvenire già il prossimo novembre. Se da un lato esiste la possibilità che sotto il suo mandato venga accolto un eventuale patto rivisitato, dall’altro sono diverse le autorità più anziane che ritengono che non ci sia sufficiente tempo. Ciò significherebbe che il caso andrebbe al successore di Almunia, che a breve sarà nominato da Jean-Claude Juncker, il presidente entrante della Commissione Europea. Il commissario Juncker è stato molto critico nei confronti di Google in materia di protezione dei dati, ma si è astenuto dal commentare pubblicamente il caso antitrust in oggetto.