Italia ancora indietro nell’uso professionale della tecnologia

Il Digital Economy Outlook 2017 dell’Ocse non regala notizie positive per l’Italia: il nostro Paese è ancora nelle retrovie per l’approccio digitale di cittadini e soprattutto imprese, con percentuali molto basse di diffusione della tecnologia nel business.

Poco Internet in Italia

Il primo dato che salta agli occhi è la bassa diffusione dell’utilizzo di Internet fra la popolazione: secondo le ultime analisi dell’organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, nel nostro Paese naviga effettivamente in Rete solo il 69 per cento della popolazione, mentre la media dei Paesi con economia sviluppata è dell’84 per cento. E anche tra i giovani siamo ancora in ritardo rispetto alle altre nazioni avanzate.

Diffusione ancora bassa

Anche la fascia più dinamica e attiva sul Web, quella dei giovani tra i 16 e i 24 anni, non riesce ad avvicinarsi alla media di navigazione in area Ocse: in Italia c’è il 90 per cento di ragazzi di questa età che si connette alla Rete, ma appunto negli altri Paesi si arriva addirittura al 96,5 per cento. Una forbice che si allarga in maniera più sensibile quando si prendono in considerazione invece le fasce di popolazione d’età più avanzata: ad esempio, appena il 42 per cento degli italiani tra i 55 e i 74 anni si collega a Internet, mentre nelle altre economie sviluppate si supera il 63 per cento (20 punti percentuali di differenza).

Anche le imprese non navigano

Se questi sono i risultati incentrati sul versante privato, sul lato business le cose non vanno meglio, anche perché bisogna valutare l’impatto di un fattore come la dimensione d’impresa, che continua a essere un “nervo scoperto” del sistema produttivo italiano. Infatti, se comunque quasi la totalità delle grandi imprese tricolore ha accesso alla banda larga, resta una quota di circa il 10 per cento delle Pmi (facendo rientrare nella categoria tutte le imprese sotto i 250 impiegati) che invece non ne è provvista.

Investimenti al rallentatore

Le aziende italiane però non brillano neppure in termini di investimenti in ricerca e sviluppo: secondo le statistiche aggiornate al 2015, questa voce concentra solo l’1 per cento del Pil, mentre in Paesi come Israele e Germania si arriva al 3,5 e al 2 per cento, rispettivamente. Eppure, l’Italia risulta al quarto posto quando si valutano i marchi registrati nelle tecnologie dell’informazione, ma torna di nuovo sotto la media Ocse quando si parla di siti web: solo il 70 per cento delle imprese del nostro Paese ha attivato un portale, mentre tra le economie sviluppate di raggiunge il 90 per cento.

Poco utilizzo professionale della Rete

Continuando a studiare l’aspetto del lavoro, l’Italia è il Paese industrializzato dove si mandano meno mail e si utilizza la Rete per cercare informazioni in ottica professionale: solo il 20 per cento delle operazioni legate al lavoro si compie in modo digitale nel nostro Paese, mentre in ambito Ocse si sale al 40 per cento. Andando più sul tecnico, poi, una recente ricerca di Google ha ulteriormente messo il dito nella piaga nel rapporto tra Italia e siti Web, segnalando come alcuni portali di specifici settori sono piuttosto lenti.

Pagine web molto lente

Per la precisione, i siti di Retail in Italia hanno un tempo di caricamento di 11,2 secondi (media internazionale 10,3), mentre nel settore automobilistico è di 10,3 e in questo di Business & Industrial Markets si raggiungono addirittura i 13,7 secondi. Tempi apparentemente brevissimi, ma che invece possono costare molto in termini economici: secondo gli esperti di Google, il 53 per cento delle visite a un sito viene persa se la pagina aperta da un dispositivo mobile richiede tre secondi o più per caricarsi.

Interventi radicali

In questi casi bisogna intervenire sul proprio portale e cercare di ridurre questa latenza, così da essere più “appetibili” per l’utente. Un’azione necessaria e radicale potrebbe essere quella del cambio di provider, scegliendo un operatore più vicino alle proprie esigenze: nel panorama italiano esistono diversi fornitori di servizi in questo ambito, tra cui spicca la proposta di Flamenetworks, che si caratterizza perché offre la migrazione gratuita server da qualsiasi tipologia di sistema di partenza (e dunque server virtuale, server dedicato o Web Hosting tradizionale).

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