Lavoro portinaio a rischio con il robot per il condominio

Il primo robot portinaio è finalmente realtà. E’ investito – seppur formalmente – del tricolore sul petto, giacché è una creazione tutta italiana che porta la firma di Co-Robotics, spinoff della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, location nel quale si è peraltro organizzato un convegno sulle tecnologie al servizio dell’ambiente in cui si vice (Ambient Assistent Living). Occhi vispi ed attenti, cravattino colorato come uniforme e vassoio propedeutico alla consegna di posta, pacchi e spesa. Si bada insomma al sodo più che alla sostanza, e chissà che in robotica non si riesca nel prosieguo ad impartire altre caratteristiche salienti e tipiche della figura di portinaio, spesso e volentieri avvinta a controverse vicende di gossip e spettegolezzi.

<<Ci siamo dati due anni come obiettivo per un modello che possa essere prodotto su scala industriale>> ha affermato mestamente il ricercatore Filippo Cavallo, co-fondatore della Co-Robotics. Sì, perché le intenzioni sembrano esser piuttosto serie, se è vero che il robot portinaio affiancherà un’altra creazione della spinoff di Pisa: il robot domestico, gravato da compiti di badante per la casa. Entrambi rientrano appieno nel progetto <<Robot Era>>, una idea che frutta una spesa di 8,7 milioni di euro.

Funzioni diverse ed indirizzi antitetici, ma anche qualche punto in comune. I robot di cui trattasi possono fregiarsi di un busto che può esser modificato a seconda del compito svolto, parlano ed obbediscono ai comandi vocali impartiti. Il robot domestico è forse quello più <<completo>>: ha un braccio ed una mano con tre dita ma soprattutto, in ossequio all’intelligenza artificiale, è in grado di intrattenere il pubblico con giochi cognitivi. Il progetto di Co-Robotics punta dunque a metter al servizio la tecnologia nei luoghi in cui viviamo, offrendo un valido supporto in alcuni settori nevralgici quali ospedali e case di cura.

In quest’ottica rientra anche il materiale impiegato per la loro produzione: la plastica dei cruscotti delle automobili. L’obiettivo è quello di facilitare l’immissione sul mercato di entrambi i robot, in ossequio ad uno sgravio in termini di costi per realizzarli: si punta ad una cifra compresa tra i 5.000 e i 20.000 euro per i modelli più complessi. Un espediente utile per dar manforte alle strutture sanitarie: potrebbero ad esempio esser utilizzati per trasportare lenzuola, consegnare il cibo ai pazienti ed offrire un aiuto alle persone con difficoltà motorie.

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