Nel 2014, la Commissione Europea ha pagato alla società di consulenza olandese Ecorys ben 360.000 euro per la ricerca degli effetti della pirateria sulle vendite di contenuti protetti da copyright. La relazione finale è stata ultimata nel maggio 2015, ma – secondo il blog dell’eurodeputata Julia Reda, del Partito Pirata tedesco – per qualche ragione non è mai stata pubblicata.
Il rapporto di 300 pagine sembra suggerire che non vi siano prove a sostegno dell’idea che la pirateria abbia un effetto negativo sulle vendite di contenuti protetti da copyright (con alcune eccezioni per i blockbuster di recente pubblicazione). Il report afferma quanto segue: “In generale, i risultati non mostrano prove statistiche attendibili della variazione delle vendite per violazione dei diritti d’autore online. Ciò non significa necessariamente che la pirateria non abbia alcun effetto, ma solo che l’analisi statistica non dimostra con sufficiente affidabilità che vi sia un effetto. Un’eccezione è la conseguenza dei film recenti di prima visione. I risultati mostrano un calo del 40%, il che significa che per ogni dieci film recenti proiettati illegalmente, quattro di questi non vengono visionati legalmente”.
Sul suo blog, Julia Reda afferma che un simile studio è fondamentale per le discussioni sulle politiche in materia di copyright, dove l’opinione generale è che la pirateria ha di solito un effetto negativo sui redditi dei titolari dei diritti, criticando anche la riluttanza da parte dell’UE a pubblicare il rapporto affermando che probabilmente non lo avrebbe rilasciato per diversi anni se non fosse stato per l’accesso ai documenti richiesti nel mese di luglio.
“Tutti i dati disponibili suggeriscono che la Commissione ha scelto attivamente di ignorare lo studio, fatta eccezione per la parte che si riferiva alla loro agenda: in un articolo accademico pubblicato nel 2016, due funzionari della Commissione europea hanno segnalato un nesso tra la perdita di vendite per i blockbuster e il download illegale di tali film. Non sono riusciti a rivelare, tuttavia, che lo studio su cui si basava la ricerca riguardava anche la musica, gli ebook e i giochi, dove non è stato trovato alcun collegamento. Al contrario, nel caso dei videogiochi, lo studio ha rilevato il collegamento opposto, indicando un’influenza positiva del download illegale di videogiochi sulle vendite legali”, afferma Reda in un’intervista rilasciata alla redazione di The Next Web.
“Ciò dimostra che lo studio non è stato completamente dimenticato dalla Commissione. Inoltre, non sono riusciti a rispettare per due volte il termine per rispondere alla mia richiesta di libertà d’ informazione. Non si può evitare il sospetto che la Commissione abbia intenzionalmente soppresso la pubblicazione di ricerche finanziate con fondi pubblici perché i fatti scoperti erano scomodi per la loro agenda politica. È difficile dire se questo studio avrebbe influenzato la prossima riforma del copyright. Non è il primo studio che mette in discussione la saggezza convenzionale secondo cui la violazione del copyright è sempre negativa per le imprese, e purtroppo le prove accademiche non sempre influiscono sulla definizione delle politiche così direttamente come si spera […] Nonostante tutte le parole pagate per una presunta “migliore regolamentazione” basata su prove concrete, il lobbismo e l’ ideologia dell’ industria sembrano ancora esercitare un’ influenza più forte sul processo legislativo della Commissione”, ha concluso.
Lo staff di The Next Web ha anche provato a contattare gli autori dello studio e il suo referente presso la Commissione UE, ma si sono rifiutati di rilasciare qualsiasi tipo di dichiarazione.
La Commission a « oublié » de nous dire ce qu’elle a découvert sur les violations du droit d’auteur #fixcopyright https://t.co/zC2eFAm999 pic.twitter.com/viL2lessUR
— Julia Reda (@Senficon) September 22, 2017