Non sembrano finire le polemiche riguardanti il famoso servizio di trasporto automobilistico Uber che, a seguito delle restrizioni cui è stato sottoposto negli ultimi tempi (ricordiamo che in alcune città è attualmente vietato, oppure non abilitato a fornire corse in determinate aree), sembra avere messo in atto un piano per aggirare l’ostacolo e farla franca.
Il servizio si avvarrebbe di un software particolare, denominato Grayball, capace di individuare l’identità di chi richiede la prestazione o meglio, di accorgersi quando invece di un reale cliente ad effettuare la chiamata è un agente della polizia. In questo caso, la corsa verrebbe immediatamente annullata. La compagnia californiana, infatti, sembrerebbe proseguire indisturbata la propria attività anche laddove esplicitamente vietato, e le autorità si sono messe di conseguenza all’opera per stanare le auto e i conducenti in procinto di violare la normativa vigente.
Per quanto concerne il funzionamento del software ‘malevolo’, una piccola auto fantasma appare sull’app non appena arriva una prenotazione sospetta, allertando così l’autista che può tranquillamente declinare la richiesta ed evitare il controllo.
Uber, dal canto suo, assicura di rispettare pienamente le regole, sebbene secondo i racconti di alcuni dipendenti (che hanno fornito testimonianze ufficiali in condizioni di anonimato) non sarebbe in realtà così. Queste le dichiarazioni ufficiali:
“il programma si limita solo a negare le richieste di corse da parte di utenti che violano le nostre condizioni sull’uso del servizio”.